Motorsport is dangerous
Seguo la F1 da un po’ di tempo. Scrivo e ne parlo da molto meno. Quando ho cominciato a farlo pensavo che l’avrei fatto sempre in maniera scherzosa, divertendomi a discutere di quei pazzi che corrono a 300 all’ora e delle loro gesta. Mai avrei pensato di trovarmi qui a parlare della morte - non ci sono modi delicati di dirlo, per quanto li cerchi - di uno di loro.
Nella giornata di oggi, durante la gara di F2 ha perso la vita Anthoine Hubert. Un pilota, un ragazzo poco più piccolo di me, scomparso inseguendo il proprio sogno.
Un incidente brutto, sfortunato e che mi riporta brutalmente alla mente la frase, famosissima, che accompagna ogni sport motoristico: Motorsport is Dangerous, ovvero il Motorsport è pericoloso.
Sì, perché grazie agli incredibili miglioramenti tecnologici e di sicurezza, ci siamo dimenticati di quanto ancora sia pericoloso questo sport. Ormai, anche dopo il peggiore degli incidenti, mi viene in mente quello di Alonso qualche anno fa in Australia, siamo abituati a vedere il pilota uscire dall’abitacolo con le proprie gambe. Un po’ acciaccato, magari anche un po’ scosso: ma vivo.
Eppure non è così. E infatti, di punto in bianco, arrivano questi giorni in cui lo sport che tanto amiamo ci tira un colpo duro, forte, dopo la curva più bella del mondo. Giorni in cui viene fuori la verità: cioè che questi uomini, questi super-uomini, corrono contro il destino; sfidano la sorte guardando in faccia la morte, impavidi, ogni volta che entrano nell’abitacolo e abbassano la visiera. E non c’è misura di sicurezza che potrà mai cambiare questo, purtroppo.
Non so cosa succederà dopo questo incidente, né ho la voglia o la presunzione di parlarne in termini tecnici o accampando teorie riguardo sicurezza o pericolosità di circuiti, macchine o altro.
Credo che le parole migliori per descrivere l’intera vicenda le abbia trovate uno che di corse e di pericolo ne sa qualcosa: Lewis Hamilton.
“Anthoine is a hero […] for taking the risk he did to chase his dreams.”
Domani la gara di F1 si correrà. E ancora una volta, abbassando la visiera, i piloti, i nostri eroi, guarderanno in faccia la morte inseguendo il loro e il nostro sogno.